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È pomeriggio quando arriviamo: insieme a Padre Mario, Giuseppino arrivato in Sierra Leone nel 1982, siamo partiti dalla missione di Lunsar con uno dei pick up, senza i quali non si potrebbe fare un passo al di fuori del paese, perchè le strade sono ancora in stato pietoso, diretti in un villaggio per terminare la costruzione di un pozzo.
Insieme a me, Rita e Mario, ci sono John e Mohammed, quest'ultimo uno dei giovani tecnici dei pozzi uscito dal Centro Professionale che i Giuseppini hanno costruito e gestiscono qui a Lunsar, 130 km circa dalla capitale Freetown, cittadina di circa 35 mila abitanti nella foresta sierraleonese: il centro professionale è imponente, sorge esattamente tra la Murialdo Secondary School, la scuola media locale che accoglie circa 1000 ragazzi, e la missione dei Padri Giuseppini, dove gli italiani Gianni e Giuliano, i sierraleonesi Eric, Joseph, Emmanuel, il ghanese Richard, insieme, appunto, a Mario e al nuovo arrivato Norbert, direttamente dalla missione indiana, gestiscono le attività della missione.
Il centro è considerato uno dei migliori del Paese, su standard quasi europei, e negli ultimi tempi lo sviluppo delle attività estrattive di Lunsar, che ospita imponenti miniere di ferro, ha visto arrivare ulteriori conferme sulla qualità degli insegnamenti dati: tanti gli ex allievi del centro che hanno beneficiato delle nozioni lavorative apprese al centro (e della serietà lavorativa, del concetto di lavoro sviluppato) che ora sono stati impiegati dall’impresa mineraria internazionale, al punto che l’impresa ha avviato collaborazioni col centro organizzando workshop e pescando direttamente tra gli attuali studenti per incrementare ulteriormente le proprie assunzioni.
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Quando arriviamo al villaggio l’accoglienza degli abitanti ci lascia senza parole: i canti e i balli accompagnano l’intera preparazione della pompa e l’ultimazione di tutti i lavori. Le donne, soprattutto, sono scatenate, consapevoli che la costruzione di un pozzo cambierà la loro vita e quella dei loro figli: sono donne e bambini, infatti, i responsabili dell’approvvigionamento dell’acqua nei villaggi sierraleonesi. Qui a Makotha ad esempio, l’acqua viene recuperata in una palude a circa 2 km dal villaggio: oltre alla distanza e alla scarsa igiene dell’acqua, ciò che maggiormente meraviglia, e un po’ fa anche arrabbiare, è che circa 15 metri al di sotto del villaggio l’acqua è ottima. E in abbondanza tutto l’anno. Basta andarsela a prendere.
Questo è ciò che aiutano a fare i Giuseppini da oltre 15 anni. I pozzi costruiti sono circa 350, ci dice Padre Mario. “Non so nemmeno se abbiamo una lista completa! Noi siamo più interessati all’aspetto pratico che a quello statistico: il pozzo deve funzionare bene e dare acqua, chi se ne importa di dirlo in giro”. La logica non fa una grinza e si sposa perfettamente con la mentalità pratica dei Padri Giuseppini, ma con Rita, l’altra operatrice ENGIM presente in questo momento in Sierra Leone, ci promettiamo che proveremo a mettere insieme una bella lista di tutti i pozzi, le scuole, i ponti, le case costruite in 30 anni dai Giuseppini. Siamo sicuri che prima o poi servirà, perché un attività bella e importante come questa va valorizzata in ogni suo aspetto.
Nel mentre ci godiamo l’urlo di gioia del villaggio: donne, bambini e uomini di Makotha ci coinvolgono in una sfrenata danza di felicità per celebrare il nuovo pozzo. Una bella foto ricordo per fissare l’immagine di questo toccante momento e poi via di nuovo in direzione Lunsar, su una strada sempre più impervia. Minaccia temporale. Il livello dell’acqua in palude si alzerà. Ma agli abitanti di Makotha non interessa più: da stanotte l’acqua per la prima volta se la trovano in mezzo al villaggio, non più nella lontana palude: basta azionare la leva e il gioco è fatto!
Sergio Dalla Ca’ di Dio